Partigiana a 16 anni, sindacalista in difesa delle operaie a 18, prima donna ministro in Italia (del Lavoro e, poi, della Salute, siglando la nascita del Sistema Sanitario Nazionale) e, anche, presidente della Commissione di inchiesta sulla loggia massonica P2, unica donna tra venti deputati e venti senatori. In un solo nome: Tina Anselmi alla cui vicenda umana e professionale è dedicato l’omonimo film tv che Rai1 propone martedì 25 aprile, nel giorno della Festa della Liberazione, in prima serata. Tratto dalle opere La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi di Anna Vinci e Storia di una passione politica di Anselmi e Vinci, Tina Anselmi – Una vita per la democrazia prende il via nel 1944, quando la sedicenne Tina viene portata insieme a tutti gli studenti del paese a vedere 31 uomini impiccati dai tedeschi.
Quel giorno capisce che, per cambiare il mondo, non si può restare a guardare ma bisogna agire. E farlo, in quel momento, significa entrare nella Resistenza e rischiare la prigionia, la tortura e la stessa vita. Lei lo fa e, con l’incoscienza della sua giovane età, diventa staffetta partigiana e pedala senza sosta tra Castelfranco (il suo paese natale) e Treviso portando documenti e informazioni: «Tina è stata un personaggio fantastico, romanzesco, a cui tutti dovremmo poter assomigliare, uomini e donne – spiega il regista Luciano Manuzzi -. Per tutta la vita ha lottato contro i soprusi, le ingiustizie, gli sprechi e la mancanza di tutele che considerava come insulti insopportabili». Lo ha fatto anche militando a lungo nella Democrazia Cristiana (Aldo Moro credeva molto in lei) e animata da una profonda fede («vissuta, non esibita» sottolinea la sceneggiatrice del film Monica Zapelli) che, tuttavia, non le impediva di avere una visione laica dello Stato.
Al punto da firmare in qualità di Ministro della Salute, pur non condividendola, la legge sull’interruzione di gravidanza: «Quando la firmò, pur se non d’accordo, a chi le chiedeva di non farlo rispondeva di essere una donna della democrazia» racconta Anna Vinci. A interpretare la Anselmi è una Sarah Felberbaum quasi irriconoscibile grazie al trucco e a qualche chilo di troppo che racconta di avere preso volentieri «perché volevo dare al personaggio una certa morbidezza. Quando ho incontrato per la prima volta Luciano Manuzzi, lui mi ha detto: «Pensavamo che fossi meno bella”.
Avevo paura che questo fosse un ostacolo e, invece, ce l’ho fatta. Non ho lavorato sull’aspetto estetico ma sul corpo, sul modo di camminare. Fare questo film è stato un regalo enorme anche per questo, perché non sono stata scelta per un canone estetico. Ho provato stupore nello scoprire che ero stata presa in considerazione per un ruolo del genere». Prima di sapere che l’avrebbe interpretata, la Felberbaum conosceva della Anselmi «lo stretto necessario ». Anche perché, ammette, «non mi sono mai interessata di politica, non è mai stata una passione».
Per questo si è preparata con grande cura: «ho studiato. Ho letto, naturalmente, i libri di Anna Vinci ma anche tanti articoli, forse persino troppi. Ma dovevo dedicarmi alla “mia” Tina: non potevo copiarla, cosa che del resto non mi veniva nemmeno chiesta, ma dovevo renderle omaggio, raccontando il suo spirito». Alla fine, oltre ad averla conosciuta, l’ha amata molto: « Pensiamo solo a quello che ha fatto per le donne: ha creato una piccola scuola per le giovani operaie delle filande, dicendo loro che la dignità arrivava anche grazie allo studio; si è battuta per la parità salariale, per gli orari di lavoro e contro le discriminazioni in un periodo in cui si poteva essere licenziate solo perché ci si sposava o si faceva un figlio.
C’era persino il coprifuoco per cui, oltre una certa ora, una donna non poteva uscire da sola». Certo, di lavoro ce n’è ancora tanto da fare ma è a Tina Anselmi che si deve, tra le altre cose, la legge sulle Pari Opportunità. Quelle che vigono, ad esempio, nella famiglia dell’attrice: « Nonostante sia il lavoro di Daniele (De Rossi, ex calciatore giallorosso, oggi allenatore, ndr) quello che porta avanti la famiglia, non mi sono mai trovata a dover rinunciare a qualcosa per dare spazio a lui. Tutte le decisioni che ho preso per la famiglia le ho prese da sola, senza alcun senso di rinuncia ». E in ogni caso, quando c’è bisogno di una mano con i tre figli, ci sono i nonni: «Sono fortunata ad avere i miei suoceri. È anche grazie a loro che in famiglia possiamo avere davvero le pari opportunità!». La Felberbaum non nasconde di considerare Tina Anselmi – Una vita per la democrazia – non solo un regalo per il presente ma, anche, per il futuro: «Un ruolo così è un po’ un biglietto da visita. Potrebbe essere uno spartiacque nella mia carriera? Non lo so, lo scopriremo. Quel che è certo è che, dopo avere interpretato questo film, non ho voluto accettare lavori che non mi convincevano del tutto: voglio prima vedere cosa succede dopo Tina».