Commenti di Fra Marcello Buscemi e Tiziana Frigione
Letture: At 9,1-20; Sal 116; Gv 6,52-59
Riflessione Biblica
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Ci vuole fede: non riceviamo la carne e il sangue fisici di Gesù terreno, ma sotto le specie del pane e del vino riceviamo nella potenza santificante dello Spirito tutto Gesù, e in lui la vita eterna. In una parola, egli ci comunica se stesso e il suo mistero di morte e risurrezione. E questa è fede: “annunciamo la tua morte e la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta”. Mangiando il suo corpo e bevendo il suo sangue, entriamo in comunione di vita con Gesù: non viviamo più noi, ma vive in noi Cristo che ci assimila a sé. La vita eterna penetra nella nostra vita e diviene comunione di vita con Gesù: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv 6,56), un dinamismo che investe la nostra esistenza “non vivo più io, ma vive in me Cristo” (Gal 2,20), una ricerca costante e anelante di colui che è la nostra vita: “che io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti” (Fil 3,10-11). Non abbiamo bisogno di attendere una vita futura, ma la vita futura entra in noi mangiando il corpo di Gesù. Una vita, segnata dalla presenza di Gesù in noi e sempre orientata a lui: “Colui che mangia me vivrà per me” (Gv 6,57).
Per mezzo di Gesù, viviamo la nuova vita: lui nel suo grande amore ci comunica la sua vita divina, opera in noi una divina unione con lui, ci trasforma in creature rinnovate dall’amore e partecipi della sua risurrezione. E così ci mette in comunione con il Padre, sorgente prima di ogni vita: “Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me” (Gv 6,57). Come Gesù, dobbiamo “vivere per Dio” (Rom 6,10-11). Orientati a lui e al Padre, “qualunque cosa facciamo, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre” (Col 3,17).
E così, orientati a lui, dimoriamo in lui e nell’amore portiamo molto frutto (Gv 15,5) e sempre saldi nella fede “ci rafforziamo nella conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo” (Ef 4,13).
Lettura esistenziale
Gesù ci offre la sua carne da mangiare e lo scopo non è quello di ingozzarci, ma di farci vivere, nel modo migliore, al massimo delle nostre possibilità, da figli di Dio ed è necessario quindi cibarci della sua carne, per diventarlo. Gesù è il primo che ha vissuto, in un corpo mortale, la vita di figlio di Dio, la vita di chi si spende per amore fino a morire e che , proprio nella morte, realizza la vita vera, la rinascita che viene dalla gioia di amare senza confini. La relazione tra noi ed il Padre è mediata da Gesù che si dona per darci la sua stessa vita, la pienezza dello Spirito, per farci vivere, già ora, la vita eterna. In questa relazione con Gesù acquistiamo la fede, che non è qualcosa di vago, è assimilare la carne, l’umanità di Gesù, fino ad avere un’umanità simile alla sua. Nella sua piena condizione umana ci offre la visibilità concreta di Dio, come lui , possiamo essere carne e vivere di amore, raggiungere pian piano questa consapevolezza e ripensare le scritture, la nostra vita, per comprendere cosa ci da la vita e cosa la morte, per riconoscere come si vive da figli di Dio e lasciarci trasformare dalla Parola che opera in noi. Noi siamo fragili, chiamati a vivere la nostra carne, ma insieme al Padre ed ai fratelli, perché siamo una cosa sola, tutti figli in lui. Ciò che accade al fratello, che ci sta accanto, ci appartiene, è la nostra stessa carne che geme, soffre, grida aiuto, questo significa bere veramente il sangue, essere animati dallo Spirito di Dio che ci suggerisce in ogni istante che siamo Uno e dobbiamo batterci per la vita, per la dignità, per far fiorire sentimenti belli in ogni luogo e circostanza.
Possiamo veramente vivere come Dio , che è tutto in tutti, accogliere la creazione come luogo di comunione col Padre e con i fratelli, condividere la vita celebrando in ogni istante l’Eucaristia, anche nei luoghi più improbabili del pianeta, in un vicolo buio, in una corsia di ospedale, dietro le sbarre di una prigione, in un dormitorio pubblico. Tutte le volte in cui condividiamo pienamente la vita, in noi dimora l’amore di Dio, noi dimoriamo in lui e lui in noi, l’uno nell’altro, non fusi insieme , ma dentro i confini netti della nostra identità, siamo luogo di transito di sentimenti veri, di amore, verso l’Altro, che lo rende veramente presente nella nostra vita, abita in noi ed organizziamo tutto attorno a questo amore. Abitiamo tutti lì dove amiamo e siamo amati, così tra noi fratelli, e sentirci nel cuore dell’altro fa circolare l’amore, ci sentiamo subito a casa. E’ bene chiederci di cosa siamo fatti, da dove veniamo, di chi siamo figli, chi ci ha generato e continua a generarci, di cosa ci nutriamo per avere la vita di figli, perché quando non avviene in noi una trasformazione, allora in quella carne ed in quel sangue di cui ci nutriamo, non riconosciamo la presenza reale di Dio. Gesù è la Parola che ci rende vivi, che ci nutre e noi possiamo ascoltarla ovunque, sempre, realizzarla nella nostra quotidianità, ma se questo cibo non diventa comunione, allora non viene da Dio e non produce vita.