Il corpo di fratel Biagio riposa in una cameretta del suo alloggio tra i canti di alcune suore e il via vai di amici e volontari: pochi e silenziosi. Gli ospiti della comunità di via Decollati, una delle nove della missione Speranza e carità, vivono la vita di ogni giorno: dalla saletta in cui si prega per fratel Biagio si sentono perfino i rumori di una pialla elettrica.
Al laboratorio da falegname si continua a lavorare, gli altri capannoni sono aperti, al magazzino il servizio non si è fermato. Fuori le persone fanno la fila ma per dare a Biagio Conte l’ultimo saluto devono aspettare che venga preparata la camera ardente. Ora sono ammessi gli amici più stretti che entrano nella saletta della veglia passando sotto una stella cometa nella quale è riassunto il credo spirituale di fratel Biagio: “E il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.
Tra i primi ad arrivare in via Decollati l’ex sindaco Leoluca Orlando. Ricorda le lotte comuni in difesa dei poveri, l’amicizia spontanea, i compiti della missione: “A lui tutti abbiamo delegato tutto”. Ma ora, si chiede, “cosa farà Palermo senza Biagio?”.
“Continuerà tutto come prima”, risponde Riccardo Rossi che da anni cura la comunicazione per la missione. È mezzogiorno quando in via Decollati arrivano le “autorità”. Non giungono alla spicciolata ma formano un unico gruppo: il presidente della Regione, Renato Schifani, il sindaco Roberto Lagalla, il prefetto Maria Teresa Cucinotta, il questore Leopoldo Laricchia, ufficiali e comandanti dei carabinieri e della guardia di finanza. Sono tutti commossi e di poche parole. Per i collaboratori di Biagio Conte è facile osservare che mentre prima era lui a cercarle ora sono le “autorità” a venire in comunità per riconoscere quanto contava quel missionario che ha speso la vita per i poveri e per gli ultimi.
Per dare testimonianza del suo amore dormiva per terra su un materasso. Solo quando il male era all’ultimo stadio ha accettato di essere sistemato su un letto.