Cari Fratelli e Sorelle, il Signore vi dia pace!
Questo Natale ci fa guardare ormai agli 800 anni del Natale di Greccio che celebreremo nel 2023. In esso riconosciamo segni di luce e segni di oscurità, tra la letizia, la notte e la povertà del luogo. «E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per l’occasione sono qui convocati frati da varie parti; uomini e donne del territorio preparano festanti, ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per rischiarare quella notte, che illuminò con il suo astro scintillante tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine il santo di Dio e, trovando che tutto è stato predisposto, vede e se ne rallegra. Si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena si onora la semplicità, si esalta la povertà, si loda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme»
La luce del Natale, e del Centenario di Greccio, arriva in un tempo oscuro, nel quale la pace è minacciata, in Ucraina e nel resto del mondo dove si contano tanti conflitti, dal Medio Oriente a non pochi Paesi africani, dal Caribe all’America Centrale e del Sud, dall’Asia all’Oceania. Molti dei nostri fratelli e sorelle vivono in queste frontiere di guerra e restano tra e con le persone, specie i poveri. Oggi più che mai facciamo nostro il grido di Geremia: «Aspettavamo la pace ma non c’è alcun bene, il tempo della guarigione, ed ecco il terrore!»
È il grido di tanta umanità e lo vogliamo far nostro rivolgendolo a Dio: ci scuote dalla nostra indolenza e distrazione, ci provoca a un’azione e a un pensiero nuovo. È con questo grido che con Francesco ci prepariamo al Natale: «Vorrei fare memoria di quel Bambino che è nato a Betlemme, e in qualche modo intravedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato; come fu adagiato in una mangiatoia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Con lo sguardo alla luce e insieme all’oscurità della notte di Greccio e di Betlemme possiamo unirci al grido di tanti che invocano pace e speranza: non è un anestetico, ma la via per leggere i segni dei tempi e riconoscere nell’oscurità di questa ora drammatica i segni di una vita che è la luce degli uomini, luce che splende nelle tenebre, anche se queste non la accolgono.
Il Centenario del Natale di Greccio è un’occasione per annunciare la luce del Vangelo in questi tempi oscuri. Come? Nella logica dell’Incarnazione per dire Dio dobbiamo amare la terra. Dio guarda con amore il mondo in crisi e per questo dona suo Figlio e nella fede ci permette di riconoscere proprio nel mondo di oggi più porte aperte che sbarrate, più opportunità che segni di morte. Propongo alcune luci e opportunità che riesco a scorgere nel nostro oggi. La crisi di questo tempo oscuro è opportunità per un incontro nuovo con Colui che per noi si è fatto povero; lo è per ciascuno e anche per le nostre fraternità, che hanno bisogno di una riforma profonda e urgente se vogliono avere un futuro vivibile e credibile nel nostro tempo. 2 1Cel 85. 3 Ger 14, 19. 4 1Cel 84. 5 cfr. Gv 1,4-5. La crisi di questo tempo oscuro è opportunità per ridire oggi la fede e il carisma con parole più essenziali e con azioni che lo mostrino, attraverso relazioni nuove. Francesco sale a Greccio con i fratelli, con i contadini e i poveri, con il signore del luogo, senza barriere. La crisi di questo tempo oscuro è opportunità per ascoltare il Vangelo della pace come il criterio per ripensare la fede in Gesù Cristo come memoria e profezia, per interpretare in modo nuovo, dinamico e creativo il nostro carisma di fratelli e sorelle, contemplativi, minori, miti e pacifici. La crisi di questo tempo oscuro è opportunità per coltivare il dialogo: la guerra in Ucraina mostra la sconcertante e dolorosa contrapposizione fra Chiese cristiane. È una provocazione che smaschera le strumentalizzazioni che il potere fa delle religioni, che non possono essere “strumenti del regno”. La crisi di questo tempo oscuro è opportunità per coltivare la teoria e la pratica della non violenza, che ha profonde radici evangeliche e francescane, tutte da approfondire, anche tra noi. Cari fratelli e sorelle! Con la festa della Vergine Immacolata, nel cuore dell’Avvento, ci prepariamo a vivere un Natale luminoso e oscuro insieme, come a Betlemme, dove il Bambino che nasce è minacciato, e come a Greccio, dove Chiara ci invita a guardare «con attenzione il principio di questo specchio, la povertà di colui che è posto in una mangiatoia e avvolto in pannicelli. O mirabile umiltà, o povertà che dà stupore! Il Re degli angeli, il Signore del cielo e della terra è reclinato in una mangiatoia». Accogliamo questo dono dall’alto perché «come la terra produce la sua vegetazione e come un giardino fa germogliare le sue semenze, così il Signore, Dio, farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le nazioni».
Lettera IV ad Agnese, 19-21. 7 Is 61,11. Siamo testimoni che la pace è dono prima che opera nostra e per questo collaboriamo con il Signore per la fioritura della vita piena che Lui vuole riversare su tutti. In questo spirito porgo a tutti e a tutte i miei più fraterni auguri di un Santo Natale e di un Buon Anno Nuovo 2023, inizio del Centenario Francescano. Questo saluto giunge nei diversi contesti e situazioni in cui viviamo. Sia un Natale nel quale nell’attesa orante possiamo gridare con tanti: «Stillate, cieli, dall’alto e le nubi facciano piovere la giustizia; si apra la terra e produca la salvezza e germogli insieme la giustizia. Io, il Signore, ho creato tutto questo» .