di don Giuseppe Di Stefano – Sulla soglia per accogliere, per prenderci cura gli uni degli altri, per metterci in ascolto della fame, tanto di pane, quanto di attenzione e di tenerezza. Sulla soglia per essere terra di approdo e di ripartenza, casa dalle porte che niente e nessuno potrà chiudere come le braccia di chi, pur essendo Dio, si è fatto nostro servo, servo di tutti. Non dei giusti, ma di tutti. Non dei primi, ma di tutti.
Siamo chiamati ad essere servi, non giudici. Perché il primato è nel servizio, mai nel giudizio. E servire significa lavare i piedi di tutti, non dei nostri, di tutti senza distinzione: prostitute, pubblicani, malfattori, giusti e peccatori, cristiani e non, frequentanti e non.
I piedi non hanno dottrina, ma solo strada camminata e dolore vissuto, che attende di essere ascoltato e condiviso.
Dio ci aspetta sulla soglia della porta di casa non per giudicarci, per mettere in fila le nostre mancanze, ma per colmare la distanza dei nostri allontanamenti con il suo abbraccio. Lui non è un padrone da temere, ma un servo inginocchiato ai nostri piedi. È a partire da ciò che ci manca che possiamo essere amati. Dio non vuole la nostra perfezione, ma la nostra salvezza.
(Foto Vincenzo Vicari)