Commento di Fra Giuseppe Di Fatta
III domenica di Quaresima
Letture: Es 3,1-8.13-15; Sal 102; 1Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9
Un caro saluto di gioia e pace a tutti voi. Ascoltiamo il Vangelo secondo Luca in questa terza domenica di Quaresima.
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Un Vangelo pienamente adatto al tempo della Quaresima, che è un forte invito alla conversione, al ravvedimento, a fare i conti con la propria vita. Come una specie di giornalista, Gesù racconta due fatti di cronaca nera: il procuratore Pilato ha mescolato il sangue degli animali sacrificati con il sangue umano, cosa aberrante per la cultura ebraica, e una torre crolla tragicamente su 18 persone, uccidendole, forse mentre qualcuno di loro lavorava. Se questo giornalista scrivesse oggi, probabilmente parlerebbe di altre disgrazie: la pandemia, la guerra… Al di là dei fatti di cronaca legati alla storia, di ieri e di oggi, noi possiamo dire che il Vangelo di questa domenica ci parla del problema del male. Un problema molto serio, che interpella e inquieta la coscienza di ogni uomo. Il male, nelle sue più svariate e terribili forme, è un fatto reale, esiste, non ha bisogno di dimostrazione, c’è e si vede, lo constatiamo e lo tocchiamo con mano. E dobbiamo dire con molta franchezza che il Vangelo, almeno quello di oggi, non ci dà nessuna spiegazione sull’origine del male, non ci dice perché esiste, qual è la causa o di chi è la colpa…
Ci insegna semplicemente come affrontarlo: se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. Cioè ci invita a cercare soluzioni non fuori di noi, ma dentro di noi. Gesù ci indica la via della conversione come risposta concreta ed efficace al male che tocca la storia e la carne di ognuno di noi. Essa consiste essenzialmente in un cambio di mentalità, di parole, di scelte, di azioni. È un cambiamento di tutta la persona, dalla testa ai piedi. Una trasformazione continua che va pensata non come una tantum, ma come un processo quotidiano, lento, graduale, paziente, faticoso, un rimodellamento del proprio modo di pensare, di parlare e di agire.
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”». Gli incidenti e le disgrazie non sono una punizione di Dio, ma un invito al cambiamento di vita che si realizza attraverso un cammino concreto, un itinerario, una strada da percorrere. Come un albero di fichi che va curato e potato, il cui terreno va zappato e concimato, affinché possa portare i suoi frutti, che arriveranno dopo una paziente attesa.
Lascialo ancora quest’anno. All’interno di questo Vangelo austero ed esigente, questa espressione indica la pazienza e la misericordia di Dio che ci dà ancora tempo per cambiare. Il fico è uno dei frutti della terra promessa, la vigna è un segno del popolo di Dio. I tre anni sono un chiaro riferimento al ministero pubblico di Gesù. La parabola del fico sterile può essere letta come una piccola teologia della storia: si riferisce a quella parte di Israele che era stata infedele all’alleanza e alla promessa di Dio e non aveva accolto la predicazione dei Profeti. La stessa cosa sta avvenendo con il Figlio di Dio, perseguitato e respinto proprio da coloro che avrebbero dovuto accoglierlo. Oggi questa parola raggiunge noi. Ci invita a una conversione sincera e concreta e lascia aperto ancora uno spazio di tempo per una opportuna revisione di vita. Perché se è vero che non bisogna perdere tempo, è anche vero che per convertirsi c’è bisogno di tempo e di pazienza. Cose che non ci appartengono, ma che sono doni di Dio. Davanti al male e al dolore del mondo è meglio non fare domande sbagliate o pretendere risposte facili. Lo stesso Figlio di Dio ha dovuto attraversare la croce fino alla morte per combattere il male, il peccato, il dolore e la morte. E questo è il più grande mistero della nostra fede. Accogliamo il tempo che ci viene dato come dono: una preziosa possibilità da non sprecare, per prepararci a celebrare non soltanto la Pasqua liturgica il prossimo 17 aprile, ma soprattutto quella della vita.
Una santa e serena domenica a tutti!