Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
San Policarpo
Letture: Giac 4,13-17; Sal 48; Mc 9,38-40
Riflessione biblica
“Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me”. Ammiro la grande apertura sapienziale di Gesù: non si chiude al particolarismo di una visione della verità, ma si apre all’universalismo della verità. Essa è una e molteplice: c’è una verità umana, che è corrispondenza tra ciò che dico e ciò che faccio: “Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai” (Gen 4,7). C’è una verità superiore, che è coerenza con la fede che professo, è fedeltà alla parola di Dio che mi indica la via della salvezza: “Chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3,21). C’è una verità personale: quella del mio rapporto con Gesù, “via, verità e vita” (Gv 14,6): “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,31-32). Allora, per chi crede in Gesù e invoca il suo nome, la verità è vivere in Cristo e mettere in pratica ciò che professa nell’amore: “Agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità” (Ef 4,15-16). Chiediamo allo Spirito di Dio un sano discernimento, per sapere accettare noi stessi e gli altri alla luce della verità: “Carissimi, non prestate fede ad ogni spirito, ma mettete alla prova gli spiriti, per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono venuti nel mondo” (1Gv 4,1). Per questo, agiamo secondo il criterio di autenticità: siamo con Gesù, operiamo nel nome di Gesù, testimoniamo Gesù. Il criterio di accoglienza: niente intolleranza per chi simpatizza con Gesù e opera il bene nel suo nome; accogliamo la sua testimonianza e offriamogli la nostra totale adesione a Gesù, perché anche lui possa essere in comunione piena con Gesù e con noi. Il criterio dell’amore: “Ciascuno di noi cerchi di compiacere il prossimo nel bene, per edificarlo” (Rom 15,2).
Lettura esistenziale
“Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva” (Mc 9, 38). Questo brano evangelico ci fa riflettere e fare un esame di coscienza. L’atteggiamento dei discepoli di Gesù, infatti, è molto umano, comune e potrebbe essere anche il nostro. Probabilmente in buona fede, i discepoli cercano di proteggere l’azione di Cristo dai falsi imitatori, ma al tempo stesso emerge in loro come il timore della concorrenza, che qualcuno possa sottrarre nuovi seguaci e allora non si riesce ad apprezzare il bene che gli altri fanno. Qui c’è la radice del proselitismo.
Ma la Chiesa, diceva Papa Benedetto XVI, non cresce per proselitismo, bensì per attrazione, cioè cresce per la testimonianza della bellezza del nostro essere cristiani. Come Cristo “attira tutti a sé” con la forza del suo amore, culminato nel sacrificio della Croce, così la Chiesa compie la sua missione nella misura in cui, associata a Cristo, compie ogni sua opera in conformità alla carità del suo Signore.
La Chiesa è discepola e missionaria di questo Amore: missionaria solo in quanto discepola, cioè capace di lasciarsi sempre attrarre con rinnovato stupore da Dio, che ci ha amati e ci ama per primo (cfr1 Gv 4,10).