Commento di Fra Giuseppe Di Fatta
II domenica dopo Natale
Letture: Sir 24,1-4.12-16; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18
Un caro saluto di gioia e pace a tutti voi!
Ascoltiamo il Vangelo in questa seconda domenica dopo Natale.
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. È il prologo di S. Giovanni che riassume i temi che svilupperà nel corso del suo Vangelo. È un inno tanto famoso quanto mai completamente esplorato per la densità e la ricchezza dei suoi contenuti. I Vangeli sinottici ci hanno narrato la nascita del Bambino, con i vari personaggi chiave che ruotano attorno a lui. Adesso l’evangelista ci fa alzare lo sguardo e come un’aquila ci trasporta fuori dal tempo e dallo spazio per farci comprendere da dove viene e chi è questo Bambino. San Giovanni inizia e definisce il Signore Gesù come il Logos, che in italiano traduciamo Verbo. E compie così un’operazione formidabile di ciò che oggi noi chiamiamo inculturazione. Il Logos era un termine che si trovava nella cultura e filosofia greca e indicava l’altezza del pensiero, del discorso, dalla sapienza umana. Giovanni attinge da ciò che di buono gli presenta la cultura circostante, ma gli dà un volto e un significato nuovo: il Logos non è più l’alta sapienza umana, ma è la Sapienza di Dio, il suo Verbo, la sua Parola. Non è solo un concetto elevato ed astratto, ma è qualcuno che è in principio, che è presso Dio, cioè accanto a Dio e quindi distinto da Dio, ed è pure Dio.
Tutto è stato fatto per mezzo di lui, quindi è qualcuno che ha esercitato un ruolo di mediazione nella creazione, presentandosi come luce e vita degli uomini. Qui San Giovanni non è solo un evangelista, ma un evangelizzatore, capace di dialogare con gli uomini del suo tempo, riconoscerne i valori positivi, sapendoli orientare e illuminare dalla novità del Vangelo.
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. Questo Verbo di Dio è venuto in quel mondo creato per mezzo di lui, eppure non è stato riconosciuto, né accolto. Fin dall’inizio il Vangelo ci mette in guardia dalla triste, reale possibilità di non accogliere questa luce. Chi invece apre il proprio cuore e lo accoglie, diventa figlio di Dio, non per volontà umana, ma perché viene generato da Dio.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato. Qui il prologo raggiunge le altezze stratosferiche e lo fa presentandoci l’abbassamento di questo Verbo: si fece carne, uomo, uno come noi, membro di questa umanità nella sua dimensione più debole, più fragile, si fece carne! In tutto simile a noi, tranne il peccato, fino alla morte. È da questo versetto che nasce il termine incarnazione . Se ricordate il catechismo, incarnazione e nascita del Signore, insieme a passione, morte e risurrezione, sono i due principali misteri della fede. Siamo quindi davanti al primo mistero fondamentale della fede: l’incarnazione, un evento che bisogna prendere sul serio. Tutte le religioni del mondo, verso le quali nutriamo un profondo rispetto, sono il tentativo più o meno riuscito dell’uomo di elevarsi per conoscere Dio ed entrare in relazione con Lui. La fede cristiana invece è esattamente il contrario: è il tentativo, riuscitissimo di Dio, di abbassarsi ed entrare in relazione con l’uomo per salvarlo. Dal momento in cui il Verbo si è fatto carne, ha santificato tutta la carne dell’uomo, cioè l’umanità, la storia, tutto ciò che di autenticamente umano c’è in questo mondo. Possiamo dire che ormai di profano in questo mondo non c’è più niente, se non il peccato, l’unica realtà non santificabile, ma solo cancellabile con il suo perdono. Prendere sul serio l’incarnazione porta con sé delle conseguenze pratiche non indifferenti. Pensate per esempio l’assurdità di quei fedeli che pensano di essere più cristiani stando sempre in chiesa, ascoltando magari più messe al giorno, e non compiendo bene i propri doveri di lavoratori. Oppure chi assume atteggiamenti molto devoti durante le celebrazioni, e poi in famiglia o in altre occasioni ha un carattere aggressivo e insopportabile.